"Chi sono io per giudicare?": pochi slogan sono più graditi al volgo di questo, che è espressione del volto rassicurante dell'autorità, la quale è rinvigorita dal populismo, dal cerchiobottismo, dalla retorica pauperista e misericordista. "Chi sono io per giudicare?", chiede il papa. "Sei un essere umano dotato di ragion pratica", risponderebbe Kant. Ma è proprio qui il cuore della questione: l'idea che persino il papa - da uomo - non deve giudicare rappresenta un attacco alla facoltà umana di giudizio morale. Di giudizio morale autonomo, in senso kantiano. "Chi sono io per giudicare?", detto dal papa, fa largo al "chi sei tu per giudicare?", detto al cittadino comune, che a sua volta spiana il campo all'accettazione di una morale eteronoma, comunitaria. "Chi sono io per giudicare?" è molto diverso da "chi è la chiesa/comunità per giudicare?".
Ma c'è dell'altro. Il "chi sono io per giudicare?" presuppone che, se il giudizio venisse espresso, sarebbe negativo. Mi spiego con un esempio. Io sono una ragazza facile, una che la dà senza problemi al primo che capita. Chi mi dice "io non ti giudico" dà per scontato che, qualora il giudizio si desse, non sarebbe positivo. Idem chi mi dice "ognuno fa quello che vuole". Ma il nocciolo della questione è che io non sono affatto una libertaria che rivendica il diritto di fare ciò che vuole, se lecito, indipendentemente dal fatto che sia moralmente giusto o sbagliato (la famosa distinzione fra peccato e reato). No! Io reclamo il piano del giudizio morale. È lì che gioco la partita. Chi mi dice "io non ti giudico" depone tale piano, e deponendolo lascia, in esso, le cose così come stanno.
Io non sono la pornostar che dice "io sono così, ma ogni ragazza faccia come vuole". No! Io pretendo di entrare nel discorso su ciò che è giusto o ingiusto, su ciò che è bello o brutto, su ciò che andrebbe fatto o non andrebbe fatto. Io affermo che essere troia è giusto, ma soprattutto affermo che non esserlo è sbagliato. Sbagliato nel senso di moralmente riprovevole, empio. Empio perché logicamente sbagliato. Come avrete capito, il mio rigoroso cognitivismo etico non è affatto allineato né allineabile con le posizioni di MicroMega e di Paolo Flores d'Arcais, che a mio avviso spianano il campo a una concezione di tipo londonistan della morale (tendenziale conseguenza dell'idea che i giudizi morali siano privi di un fondamento cognitivo-veritativo).
La posizione di papa Francesco è però assai più subdola e perniciosa, poiché non è affatto un non credere in un'etica oggettiva, tutt'altro: è un deporre il confronto logico-teoretico sui valori, in virtù di un "chi sono io per giudicare?" che sposta la questione su un altro piano, quello umano-esistenziale (che è abitato da altre categorie, come la misericordia e la com-passione), dando per scontato che il discorso logico-teoretico sui valori etici è un affare che compete sempre e solo alla chiesa/comunità. Cos'è tutto questo se non banale, volgarissima, gesuitica demagogia?
Valentina Nappi
(19 novembre 2014)
Originale: Micromega, http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/11/19/valentina-nappi-ne-con-il-papa-ne-col-direttore
Nessun commento:
Posta un commento
Abigail Pereira Aranha at / en / dans / a VK: vk.com/abigail.pereira.aranha